02/02/11

Che tu sia il benvenuto

02/02/11
Mi hai chiesto come sto dove stiamo andando, se abbiamo uno scopo o una destinazione.
Io vedevo solamente nuvole nere di pioggie antiche che si illuminavano a ritroso nei tuoi occhi e ho voluto andare avanti.
Che se torniamo indietro ci riprenderanno tutti, ci richiederanno tutto il contenuto dei tuoi sogni e dei nostri ricordi ed è per questo che anche se lontani proseguiamo.
Per avere cinquecentomila lire bisognava lavorare duramente cento ore a settimana
erano tempi in cui suonava la campana per qualche sconosciuto dissidente.
Son rimasto qui a guardare i ragni che tessevano maglioni per le mosche infreddolite
a guardare le tue spalle rattrappite dentro a quel cappotto viola che hai comprato tempo fa. E non si sa non si sa mai che tempo fa.
Non è come il deserto, le case hanno oscurato la città e il loro Partenone.
Sono rimasti lì tutti gli amici tra volanti che ululavano alle fermate degli autobus, sequestrandogli cartine topografiche autografate, permessi di soggiorno in povertà; protestavano la redistribuzione equa dei sogni nel cassetto, mentre i tuoi occhi messi all'asta avrei voluto ricomprarli per almeno un'altra notte ancora.
Ai tempi dei giardini zoologici e delle fortezze visitate nelle gite scolastiche
dimmi: dove stavamo andando se non qui e ci siamo scambiati gli indirizzi delle case che non abbiamo, con i terremotati e i profughi ingannati: ma forse il nostro viaggio non è ancora finito e possiamo rimediare.
Intanto abbracciami e spalancami i tuoi armadi pieni di pupazzi e di candele consumate profumate e vediamo come possiamo stringerci e travestirci da ubriaconi per sfuggire ai sensi di colpa.
Era un senso malinteso di futuro, ci restano iniezioni di bromuro e psicofarmaci in galera, o notti in pattumiere macilente e non è divertente ricordare i tuoi occhi su di me visti da qua dentro ai lampioni che mi piovon sulla faccia. Mi resta poca forza nelle braccia per far breccia nella disperazione di notti aggrappate ad un furgone.